Dodo o mio fratello

Sto per andare a letto, mi piace tirar tardi, squilla il telefono, una stretta allo stomaco, se qualcuno chiama a casa così tardi deve essere successo qualcosa di grave. Mio padre risponde dalla camera, ascolto, non sento bene, ma sento che le parole gli strozzano in gola, mia madre grida, chiedendo cosa è successo, corro su per le scale, non capisco, mio padre è accasciato sul letto, il telefono buttato per terra da qualche parte, la mamma piange e chiede che cosa è successo, che cosa è successo, che cosa è successo. Un nomignolo, a fatica, sussurrato, che non abbia a sembrare vero, cosa babbo? Dodo cosa? Dodo. Dodo è mio cugino più grande, è nipote, ma è fratello del mio babbo, ci corrono 10 anni e sono cresciuti insieme. Dodo è sempre a casa nostra, Dodo è fratellone anche mio, la nostra sintonia è totale, ci somigliamo, appassionati e malinconici, siamo i clown ai pranzi di famiglia, frequenti, infiniti, pieni di risate e discussioni. Dodo si è sposato da poco, ha un bimbo piccolo e d’estate sono la sua baby sitter  “così guadagni qualcosa e ti compri quello che ti va”, se non avessi preso i soldi, non me lo avrebbe lasciato fare. Adoro svegliare Lorenzo, vederlo aprire i suoi occhioni, il tempo di riconoscermi, mi sorride, lo cambio, lo vesto, colazione poi si gioca. Quando siamo arrivati a casa di Dodo, Lorenzo mi è venuto incontro ridendo, l’ho preso in braccio e con la coda dell’occhio ho visto due uomini scendere le scale con un grosso sacco nero. Ho abbracciato Lorenzo e mi sono seduta, perché credevo di svenire. Non ricordo le lacrime di nessuno, eravamo tutti sotto choc, mia zia ripeteva di non dire niente per il bambino. Ricordo un brusio, le luci dell’ambulanza, ricordo che si facevano domande sul funerale. Ricordo che volevo scappare, quella cosa mi stava schiacciando, non respiravo. Il giorno dopo c’era un sole bellissimo, il cielo era terso e mi è sembrato inaccettabile, non credevo che dopo una notte del genere con quello che era successo il mondo potesse andare avanti senza nessun cambiamento. Invece. La vita riprende, il dolore ti accompagna e ti cambia, sono passati 30 anni, e ancora non riesco a parlare di lui senza emozionarmi e mi manca. E nelle giornate come oggi mi piacerebbe risentire la sua voce, la sua risata, i suoi consigli, che avrei ascoltato, come sempre.